Peccato, non avere il dopo dell’ubiquità. Questo è il refuso che ho colto l'altro giorno su FB inteso come Facebook.
Ora, i refusi, gli errori di scrittura in generale, e i lapsus, gli errori di parlatura in generale, sono una miniera per i poeti, per i filosofi, per gli uomini e le donne di buona velleità. Velleità? Non si scrive '... di buona volontà'? Da oggi, anche 'di buona velleità'.
Parlatura? Esiste la parola parlatura? L'ho scritta, l'hai letta, dunque esiste. A proposito, la mia complice, Alexandra, (tra l'altro) poeta e teatrante per vocazione e professione, ha ereditato dai grandi tragici greci la passione per la costruzione di parole nuove, e per esempio ha definito l'attività dello spassarsela, udite udite, scrivete scrivete, spassatura.
Ah, dimenticavo: voi, tu e tu, avete il dopo dell'ubiquità? Il 'dopo', non il 'dono' dell'ubiquità. O siete sempre ubiqui, sempre doppi, sempre ambigui, sempre contraddittori?
Pasquale